Lo stile di canto dei crooner è nato negli Stati Uniti dopo l’avvento del microfono, che rese meno indispensabile la potenza vocale e permise al cantante l’utilizzo di una tecnica sussurrata.
Il crooning è uno stile e una tecnica di canto che si fonde col jazz e con un certo tipo di musica ballabile. L’ambiente ideale per l’esibizione del crooner è il locale di piccole dimensioni, con tavolini e luci soffuse e una piccola pista da ballo. In questi locali, l’accompagnamento musicale più congeniale diviene quello costituito da basso, batteria e piano; di conseguenza, la voce, benché sussurrata, diviene l’elemento essenziale.
Uno dei prototipi del crooner è stato Bing Crosby, anche se l’esponente più popolare nel Novecento è stato, senza dubbio, Frank Sinatra. Non vanno comunque dimenticati il “caposcuola”, l’italoamericano Russ Colombo e il “colored” (così si definiva) Herb Jeffrey, nonché i crooner afroamericani, a cominciare da Billy Eckstine, da molti (Ellington, Basie, Fatha Hayes, Q.Jones, L.Humpton, C.Calloway) considerato il migliore in assoluto; quindi, Johnny Hartmann, Nat King Cole, Arthur Praysock, Freddy Cole, Joe Williams, Earl Coleman…
In Italia, il genere ha avuto un breve momento di popolarità tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio dei sessanta, con esponenti quali Teddy Reno, Emilio Pericoli, Johnny Dorelli, Nicola Arigliano, Marino Barreto Junior, Paolo Bacilieri. A questo gruppo di cantanti fu attribuita, all’epoca, l’etichetta di cantanti confidenziali, in contrapposizione alla categoria degli urlatori, della quale facevano parte personaggi quali Adriano Celentano, Tony Dallara, Little Tony. In un secondo momento sono arrivati al successo Bruno Martino, Peppino Di Capri e Fred Bongusto che comunque si ricollegano in qualche modo a questo stile musicale. A partire dal 2006 si è affermato, anche a livello internazionale, Mario Biondi.